La frequenza e l'ampiezza del passo
Il controllo della frequenza e dell'ampiezza del passo sono paramatri fondamentali nella valutazione dell'andamento generale della corsa, e costituiscono un aspetto assai importante al fine di ottenere un tipo di corsa il più economico possibile che permette di realizzare la più alta velocità media in rapporto alla distanza da percorrere.
Il concetto di frequenza può essere definito come il numero di movimenti completi compiuti da un punto P nell'unità di tempo (f=l/t), che nel caso specifico della corsa diviene f=1/(Tc+Tv), dove Tc è il tempo di contatto del piede al suolo e Tv il tempo di volo.
La velocità di corsa (V) è il risultato del prodotto della lunghezza (SL) e della frequenza del passo (SF), V = SL * SF.
Quando la velocità di corsa aumenta, il soggetto tende ad aumentare la lunghezza della falcata e la sua frequenza di passo, ma mentre SL, pur aumentando in funzione della velocità di corsa, raggiungendo un valore stabile ad alte velocità di percorrenza, SF cresce in modo relativamente maggiore a velocità di corsa considerevoli.
I fattori che determinano questo tipo di adattamento sembrano sostanzialmente incentrati sulla ricerca di una massima economia di corsa basata su di un'ottimale frequenza del passo.
Questa teoria era già stata avanzata da diversi autori, che mostrarono come la frequenza spontanea fosse simile alla frequenza che presenta il valore minimo sulla curva del costo metabolico in funzione della frequenza del passo stesso.
Altri Autori hanno suggerito come SF fosse scelta in modo tale da minimizzare, per una data velocità di corsa, la potenza meccanica totale, precisando ulteriormente come in effetti SF abbia effetti opposti sulla potenza meccanica esterna e su quella interna, la prima infatti decresce con l'aumentare della frequenza, mentre la seconda al contrario aumenterebbe di valore.
Recentemente Cavagna e coll. (1991), approfondendo la problematica di studio legata agli effetti del cambiamento della frequenza sulla produzione di potenza meccanica, hanno dimostrato come SF spontanea tenda a minimizzare la potenza meccanica prodotta durante un passo effettuato a bassa velocità di corsa, mentre ad elevate velocità di percorrenza tenda a minimizzare unicamente la potenza meccanica della fase propulsiva.
Inoltre è da sottolineare come la stiffness degli arti inferiori, ossia la loro rigidità muscolo-tendinea, aumenti, linearmente in funzione della frequenza dei passi provocando in tal modo un aumento della trasmissione degli shocks generati dall'impatto del piede al suolo.
E' importante anche capire come il soggetto cerchi di adattare la frequenza del passo in funzione sia di un'ottimale economia di corsa sia di una minimizzazione degli shocks trasmessi all'apparato osteo-muscolo-legamentoso.
Anche la lunghezza del passo riveste un ruolo determinante nel dispendio energetico e nel rendimento della corsa, infatti il VO2 (consumo di ossigeno) per una data velocità di corsa aumenta in maniera curvilinea rispetto all'aumento od alla diminuzione della lunghezza del passo naturalmente scelta dell'atleta.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato come attraverso la correzione effettuata tramite retrocontrollo audiovisuale di una lunghezza di passo non ottimale (ossia non corrisponde ad un minimo consumo di O2) si sia potuta ottenere una diminuzione della richiesta energetica della corsa stessa.
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